Domenica 18 Novembre interessante conferenza al Bookcity di Milano dal titolo
«Il soufflè dell’Artusi:la vita e la ricetta inedita del padre della cucina italiana»
Un viaggio interessante, coinvolgente e affascinante sull’opera e sulla vita di un personaggio fuori dal comune. Avete presente quel librone, regalo di nozze per antonomasia, che mamme, nonne, e zie da sempre rispolverano a ogni occasione? Dietro a tali pagine si cela un universo.
Ad accompagnarci nel viaggio Roberta Corradin, food writer, e Andrea Pellegrini, curatore di numerosi saggi inerenti.
Pellegrino Artusi nacque a Forlinpopoli da un’agiata e numerosa famiglia nel 1821, ma si trasferì a Firenze nel 1851 per l’onta subita da un saccheggio e dallo stupro della sorella. Rimarrà sempre molto legato alla città natia che fece quasi erede unica, alla sua morte. Rapporto purtroppo non reciproco, poiché solo recentemente è stata riabilitata la sua figura; vediamo come nel 1961 fu abbattuta la sua abitazione nella piazza principale, scempio non solo culturale ma anche architettonico, e come il suo archivio verrà ordinato solo alla fine degli anni ’80, proprio da Pollarini che trovò allora una sorta di diario autobiografico.
Ma chi era davvero Pellegrino Artusi?
Fino a cinquant’anni fu commerciante di stoffe con velleità letterarie finite male; poi…
Era il 1891, egli raccolse in un’opera 475 ricette, e nuovamente non trovò un editore che lo volesse pubblicare. Pellegrino non si perse d’animo, ormai settantenne, si arrangiò da solo, editore e distributore fai da te, con l’aiuto dei due fedeli collaboratori domestici con cui viveva, Francesco e Antonietta. Saranno loro ad ereditare poi i diritti d’autore dell’opera.
Uscì così La scienza in cucina, dedicata ai suoi due gatti Biancanio e Sibillone.
Egli stesso, con i suoi collaboratori, inviava il suo libro ai clienti, si faceva conoscere, gestiva i pagamenti. Aveva indicato il suo indirizzo in copertina e iniziavano a giungergli i primi commenti, ma sopratutto nuove ricette, che egli testava e modificava. Sempre con un occhio alla parsimonia e all’italianità. (Questo il motivo del suo rifiuto al goulash proposto da una lettrice.)
Partì in un’avventura lunga vent’anni, La scienza in cucina veniva comunemente chiamata ormai L’Artusi, le edizioni diventarono quindici, ognuna con la sua introduzione, e le ricette arrivarono a 790. Non si trattava di un libro nuovo ma di un work in progress, ampliamenti della prima edizione, grazie ai contributi dei lettori. Le fonti però, salvo quattro casi, mai sono citate esplicitamente; Artusi, dopo averle testate e modificate, sentiva le ricette proprie.
Dai carteggi si parla di circa 58000 copie, ma considerando le ristampe sono stimate ancora di più, senza contare le copie pirata. Ebbe, per esempio, una lunga diatriba con Salani che continuava a ristampare la sua terza edizione.
Questo Blogger ante litteram era in realtà un fuori casta, non accademico, non cuoco, non gourmet, ma un uomo con grande spirito innovativo.
Scrisse le sue ricette non pensando al prodotto ma al fruitore; si rivolgeva infatti alle signore neoborgesi che dovevano continuare a offrire cene in società, senza avere un apparato di cuochi, come nei secoli precedenti. Fu così necessario indicare accuratamente le dosi, come non era in uso fare: erano solo i cuochi, allora, a scrivere per altri cuochi. Torna, nuovamente, la visione parsimoniosa della vita, che bene si accorda con le sue origini. Più strano, invece, il ruolo marginale che assume il vino. (Da buon romagnolo…)
E da buon romagnolo non mise freno all’esistenza, non una, non due, ma bensì tre vite le sue, l’infanzia a Forlinpopoli, mercante a Firenze, innovatore culinario negli ultimi anni. Aveva, un mese prima della sua morte, ancora la forza di rispondere alle sue fan (un briciolo narcisista il nostro Artusi?)
Vorrei citare in particolar modo la signora Balosso, groupie affezionata, che afferma di avere imparato a cucinare grazie a lui. Troviamo, nelle lettere di lei «…godo un piacerone nel saperla in buona salute!!!!» Punti esclamativi testuali.
Ma tutta questa fortuna si deve anche ai suoi importanti contatti.
Mantegazzi, famoso dottore e antropologo, una sorta di Umberto Eco dei tempi, per così dire, cui non si perdeva una conferenza; Guerini, il più grande storico della gastronomia del tempo; Bempora, editore di Pinocchio, che, per distribuirle autonomamente, comprava centinaia e centinaia di copie; il tipografo Landi, il più importante tipografo fiorentino, fondatore della prima scuola di tipografia. Solo per citarne alcuni.
Ed è proprio Guerini uno dei pochi personaggi nominati nella sua opera, ed è proprio Guerini l’uomo con cui ebbe un fitto carteggio, il cui ritrovamento ci ha regalato una ricetta inedita, il soufflè di ceci.
… Lo ammetto, era davvero buono.
Giulia Gestri.