Le feste si avvicinano, alberi illuminati, regali pacchi e pacchetti, tombolate in famiglia e tra amici, ma si inizia già a pensare anche al cenone. E ai dolci, perché sì, che feste sarebbero senza dolci?
Allora via libera al Pandoro, al Panettone e non solo. Perché tutto il mondo è paese ma non in questo caso.
Ogni regione, anzi ogni città, ha i suoi dolci natalizi di cui va ben fiera, in essi si racchiudono gran parte delle tradizioni locali.
Se a Milano non può mancare il Panettone, a Siena non si festeggia senza i Ricciarelli, e in Sicilia guai se manca il Buccellato.
Avete mai provato a trascorrere un Natale lontano da casa? Arrivate a fine pasto e qualcosa non vi torna più, il dolce natalizio è come un marchio di fabbrica, trovarne diversi a quelli cui siamo abituati, ammettiamolo, destabilizza un attimo.
Ma non tutti sanno che dietro a essi si cela un mondo aneddoti.
PANETTONE
Il tipico dolce milanese lo conoscono tutti, ma non le leggende che vi ruotano intorno. Nel XV secolo vi erano panifici per ricchi, che sfornavano solo pane bianco per i nobili, e panifici per poveri, che sfornavano solo pane di miglio per la plebe. Questo tranne il giorno di Natale, in cui tutti potevano produrre e comprare lo stesso pane, il Panettone.
Una leggenda vuole che sia stato inventato da Toni, un giovane sguattero il giorno di Natale, e portato a tavola perché il grande cuoco di Ludovico il Moro bruciò il dolce, per il suntuoso pranzo che gli era stato commissionato. Io preferisco però la legenda secondo cui Messer Ughetto s’innamoro della figlia di un pasticcere e, sebbene uccellatore, si fece assumere da questi come garzone. In questa circostanza inventò il Panettone e, ovviamente, i due giovani si sposarono vivendo a lungo felici e contenti.
PANPEPATO
Caratteristico di Ferrara e di Terni, il suo nome deriva sia da Pan Pepato (ossia speziato) che da Pan del Papato. La forma di questo dolce ricorda infatti la papalina.
Probabilmente, è stato introdotto dalle carovane che trasportavano spezie dall’oriente, poi arricchito di prodotti tipici, tra cui il mosto cotto che, a Terni, viene ancora imbottigliato appositamente per questo dolce.
Secondo la tradizione può venir preparato dal giorno dell’Immacolata a San Valentino e, almeno un esemplare, deve rimanere incartato fino a Pasqua o al giorno dell’Assunzione (15 Agosto).
CARTELLATE
Questi biscotti tipici pugliesi, fatti da sottili fogli di pasta avvolti in sé stessi, vengono fritti e impregnati di vincotto o di miele.
Sull’origine del nome c’è un po’ di confusione; secondo alcuni dizionari deriva dal greco Kartallos (=cesto di pane a forma puntuta) richiamando il cestino su cui i dolci venivano offerti alla Dea Cerere; secondo altre versioni esso deriva da carta, e incartellate significa incartate. Secondo la tradizione cristiana, che appoggia questa ultima ipotesi, rappresentano le fasce in cui è stato avvolto Gesù, o, ancora, la corona di spine della Passione. Ma qui abbiamo sbagliato festa.
PANDOLCE
Questo è un dolce consumato in Liguria, e non solo; è diffuso in tutto il Regno Unito con il nome di Genoa Cake. Si presenta di forma bassa e circolare, troviamo numerose leggende sulla sua nascita. Potrebbe essere un’evoluzione del classico pane genovese impastato con lo zibibbo, oppure importato dalla Persia.
La variante più alta, invece, potrebbe derivare da un concorso indetto tra i pasticceri dal Doge Andrea Doria, vinceva chi riusciva a nobilitare la città con un dolce.
Secondo la tradizione vanno conservate due fette, una per i poveri e una da consumarsi il giorno di San Biagio, il 3 Febbraio.
Ma ci sono tantissimi altri dolci su cui scoprire le curiosità.
I Ricciarelli di Siena furono portati dal cavaliere Ricciardetto Della Guerardesca, al ritorno delle crociate; il Parrozzo di Verona deriva direttamente dal tradizionale Nadalin, ma anche Plinio nei suoi scritti allude a un dolce simile; la Ferratella abruzzese viene cotta su una piastra portata in dote dalla futura sposa; i Cavallucci, biscotti senesi, si chiamano così perché nel Medioevo le osterie li offrivano ai conducenti delle diligenze.
Giulia Gestri.